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Applicazione dei Mantra in Occidente.
Partiamo da uno dei concetti piu’ tradizionali legati allo Yoga: il mantra Ohm.
Tutti lo abbiamo citato almeno una volta, parlando di yoga e yogini, ma in pochi conoscono il senso profondo di questo verso recitato ad occhi chiusi, spalle larghe, petto aperto, mani a preghiera davanti al cuore.
Una delle combinazioni cosmiche peggiori che si possa verificare nella vita di un’ apprendista yogi, é quella di convivere con un preadolescente proprio in quei mesi in cui ti immergi, muovendoti come un’equilibrista, nello studio delle asana, degli esercizi di respirazione e della filosofia yogica sperimentando su di te le tecniche più intime per trovare un barlume di pace interiore.
Ormai decenne, piccolo Hobbit, sta riscattando passo dopo passo i gradini della libertà e dell’ autonomina.
Così ieri, finita la pioggia incessante della settimana, è saltato in sella alla sua bici e, per un paio d’ore, è andato a dilettarsi in mezzo alla golena infangata a suon di trick, salti e scivoloni.
Ottima occasione, per me, per immergermi in qualche ora di studio, pratica, respirazione, calma e equanimità .
Peccato che proprio sul più bello lui rientri, ricoperto di fango dalla testa ai piedi, sudato fradicio che già ti chiedi se sia più saggio indicargli la lavatrice o il cassonetto dell’ umido per una purificazione più autentica, e, con la serenità (lui) di un asceta tibetano, si sfila la divisa infangata in cucina, le scarpe inzuppate sul tappeto del corridoio, si infila i pantaloni, precedentemente lanciati in salotto, che lo accompagnano ormai dall’ultima doccia di 2.. 3.. forse 4 giorni fa, i calzini e il giubbino, cambia il casco con il berretto e mi dice “ciaomà, io esco, ¦vado al parco!”
Resto sulla porta in silenzio qualche istante riflettendo sugli strascichi che Peppa Pig e famiglia hanno lasciato sulle nuove generazioni chiedendomi: se la mia generazione cerca ancora risposte ai traumi inferti da Remì, i nostri figli potrebbero trovarsi a lottare per la disinfezione dell’anima?
Finito di raccogliere il fango da ogni angolo di casa, messo in lavatrice il lavabile e incenerito ciò che restava di un paio di calzini, torno ai miei progetti, mi scaldo una tisana e trovo pace per concentrarmi a lavorare. Appena poggiata la tazza sulla scrivania e gli ischi sulla poltroncina, suona il citofono.
E’ di nuovo lui, che stavolta entra esagitato, ridendo a crepapelle in compagnia di un amico irriconoscibile per lo strato di melma che lo ricropre e mi dice: Mammaaaa!!… Nic è caduto in una pozza di fango al parco!! Lo ho portato qua così si pulisce e chiama sua madre che lo venga a prendere!!
Ecco: in momenti come questi che tornano utili le antiche tecniche yogiche di respirazione e accettazione.
Cosa sarebbe accaduto se non avessi avuto la prontezza di: inspirare profondamente, riempire i polmoni, contrarre l’ addome, retroflettere il bacino, aprire le anche, chiudere gli occhi, sollevare il diaframma e allontanare le spalle dalle orecchie, fermare le mani intrecciandole in anjali mudra e espirare in tre tempi recitando un lungo calmo lento OooHmmmmm!
L’attacco alla giugulare sarebbe stata una delle ipotesi.
Ecco svelato l’interesse crescente negli ultimi anni da parte della nostra generazione per le antiche discipline olistiche: le nostre mamme facevano il Segno della Croce mentre recitavano Comethofattotidisfo e lanciavano ciabatte, noi, mamme scalze della scuola Montessori , lanciamo onde energetiche. Noi cresciuti a pane e pulizia, sofficini e batteri. Loro, a tapioca e Peppa Pig, ma con l’amuchina in tasca.
Per perpetuare la specie sarà necessario trovare un equilibrio.
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